In morte del partigiano di Val di Nizza Ginetto Schavi, riceviamo e pubblichiamo una riflessione sul dopoguerra italiano a firma Mario Albrigoni e Annalisa Alessio, segreteria provinciale ANPI.
"Lo vogliamo ricordare così come
lo abbiamo visto l’ultima volta, alla festa della “sua” Anpi il 24 aprile
scorso a Val di Nizza: Ginetto Schiavi,
classe 1921, tra i primissimi a farsi partigiano, prima nella formazione
Piccoli, poi nella Volante della Brigata garibaldina Crespi.
Rendendogli oggi il nostro ultimo
abbraccio, vogliamo riprendere un passaggio della sua testimonianza: “Finita la Liberazione il partigiano non è
stato rivalutato, anzi era addirittura additato come sovversivo, denigrante il
popolo “ ( cit. Camillo Moroni “Parlano ancora testimonianze della
Resistenza nell’Oltrepò pavese e nella Val di Nizza”).
Ci sembra sia giunto il tempo di
sollevare la cortina di rimozione e di oblio che opacizza gli anni del
dopoguerra e che, dalla data cruciale del 25 aprile ’45, trasforma la amara
storia italiana di quegli anni in una fiaba a lieto fine, in cui, sconfitto il
fascismo e cacciato l’invasore tedesco, l’intero Paese si ritrova unito nel
piangere i caduti della libertà e nel rimboccarsi le maniche, spalando via le
macerie e avviando la propria ri-costruzione.
Le brevi parole di Ginetto
Schiavi ci siano, invece, di aiuto nel ri-posizionare la memoria di quegli anni
a proposito dei quali lo storico Paul Ginsborg, forse peccando di eccessivo
pessimismo, avrebbe scritto “…la
battaglia cominciata nel settembre ’43 era stata definitivamente perduta”,
quasi a rafforzamento della tesi della Resistenza tradita, elaborata nel suo
“Tutte le strade portano a Roma” dall’azionista Leo Valiani.
Le brevi parole di Ginetto
Schiavi ci siano, allora, di aiuto nel ricordare come, tra la ben orchestrata
caduta del governo resistenziale di Ferruccio Parri nel novembre 1945 e il
riannodarsi sotto la sigla del MSI, dicembre 1946, delle mille formazioni neo
fasciste pulsanti e sciaguratamente attive, la controversa amnistia Togliatti,
22 giugno 1946, divenne un insperato strumento nelle mani di corpi dello Stato
compromessi con il fascismo per scampare, quasi indenni, da ogni forma di
civile epurazione. E mentre quell’amnistia
mandava sciolti ed impuniti esponenti criminali dello sconfitto regime, si
scatenava, contemporaneamente, unico caso nell’Europa liberata, una lunga
stagione di processi a carico di combattenti partigiani.
Se la mancata epurazione e
l’amnistia Togliatti possono rappresentare altrettante ferite inferte al corpo
della giovane repubblica, e una sorta di suo pesante e pregiudizievole vizio di
origine, la “Costituzione antifascista si configura come l’unico vestigio
ancora rimasto in vita dello spirito della Resistenza” ( cit. Philip Cooke
L’eredità della Resistenza).
Così, ciao Ginetto, che la terra
ti sia lieve. Noi non dimentichiamo e continuiamo il cammino."
Annalisa Alessio / Mario
Albrigoni segreteria provinciale ANPI
23 settembre 2016.
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