Continuano le iniziative di formazione e studio della sezione Onorina Pesce: pubblichiamo gli spunti proposti da Annalisa Alessio sulla grande guerra in premessa alla più approfondita riflessione sulla nascita del fascismo di Marco Sannella.
[il disvelamento] Il passaggio forse più semplice ed efficace per
rappresentare la grande guerra è in un grande testo di Remarque “ la via del
ritorno”, il libro che segue di poco la pubblicazione del più famoso “niente di
nuovo sul fronte occidentale”. Nel testo di Remarque, trova parole il “taciuto”
della grande guerra
:“ci hanno
ingannati, ingannati come forse non sospettiamo nemmeno. Perché si è
orribilmente abusato di noi. Ci dissero patria e intendevano i progetti di
occupazione di una industria famelica, ci dissero onore e intendevano i litigi
e i desideri di potenza di un pugno di diplomatici ambiziosi e di principi, ci
dissero nazione ed intendevano il bisogno di attività di alcuni generali
disoccupati. Nella parola patriottismo hanno pigiato tutte le loro frasi, la
loro ambizione, la loro avidità di potenza, il loro romanticismo bugiardo, la
loro stupidità, il loro affarismo e ce l’hanno presentato come un ideale
radioso. E noi abbiamo creduto che fosse la fanfara trionfale di una esistenza
nuova... Abbiamo fatto la guerra contro noi stessi, senza saperlo. E ogni proiettile
che colpiva nel segno colpiva uno di noi. La gioventù del mondo si è messa in
moto e in ogni paese ha creduto di combattere per la libertà. E in ogni paese
l’hanno ingannata abusandone, in ogni paese ha combattuto per interessi anziché
per ideali….una generazione di speranze, di fede, di volontà, di forza, di
capacità fu ipnotizzata in modo che ha distrutto sé stessa a cannonate, pur
avendo in tutto il mondo le stesse mete”.
Un romanzo può essere sovversivo assai più di una
bomba: lo sanno bene i nazionalsocialisti che nel ’33 danno alle fiamme il
libro, costringendo il suo autore alla fuga in Svizzera e poi negli USA.
[lettere dal fronte] la tesi della grande guerra come inesorabile declinazione
sanguinaria del capitale e strategia delle nuove borghesie nazionaliste in
caccia di affari e affermazione di sé come uniche garanti della tranquillità e
del benessere della nazione torna in una lettera di VDS, 21 anni, 9°
artiglieria da fortezza, condannato ad un anno e dieci mesi di reclusione
per insubordinazione. VDS scrive al padre pregandolo di dire a tutti “che la guerra è ingiusta perché voluta da
una minoranza di uomini i quali profittando della ignoranza della grande massa
del popolo si sono impadroniti di tutte le forze per poter comandare massacrare
soggiogare, chi fa la guerra è il popolo i lavoratori loro che hanno le mani
callose e che sono questi che muoiono sono essi i sacrificati mentre gli altri
ricchi riescono a mettersi al sicuro,se il popolo arriva a capire il nocciolo
della questione salteranno per aria loro e tutti i loro denari . ditegli che la
guerra per il popolo significa aumento stragrande della miseria, significa
fame, significa morte, e null’altro.” La motivazione della condanna,
desunta dagli Archivi Militari riportati alla luce dopo 50 anni da
Forcella/Monticone [“Plotone di esecuzione”], è riconducibile al fatto che
V.D.S. “anziché lenire e rassicurare il
padre triste per la sua lontananza, ne esasperava il dolore con principi
sovversivi e di odio di classe.”
[entrata in guerra, la scelta] la partecipazione dell’Italia alla guerra fu
oggetto di una scelta concentrata quasi esclusivamente nelle mani
dell’esecutivo. (Ministro Esteri Sonnino; presidente del Consiglio
Salandra). Espropriando il Parlamento delle proprie prerogative [“I poteri governativi avevano di fatto
soppressa l’azione del Parlamento in un
modo che non aveva riscontro negli altri Stati ( cit. Giolitti Memorie) ], dopo aver condotto trattative segrete sia con gli
imperi centrali sia con le Forze dell’Intesa, l’esecutivo andò
alla sigla del trattato di Londra ( 26 aprile 1915) con una sorta di colpo di
Stato parlamentare, appena rivestito di forme di legalità.
Non solo. Quasi ad anticipare il progressivo
convincimento delle classi dominanti che una guerra breve e vittoriosa avrebbe
facilitato, mediante l’instaurazione di una maggiore disciplina nel Paese, una
involuzione in senso autoritario e novantottesco dello Stato, mentre si compie
l’attentato di Sarajevo contro Francesco Ferdinando erede al trono di Austria e
Ungheria, ( 28 giugno 1914) 100.000 uomini delle forze dell’ordine vengono
inviati in Romagna a fronteggiare braccianti non numerosissimi e non armati,
protagonisti della cosidetta “settimana rossa”, episodio che sembra più la
parodia di una rivoluzione che una rivoluzione vera e propria. La entrata in
guerra dell’Italia ( 24 maggio 1915) andava quindi assumendo i contorni di una
scelta di politica interna finalizzata a dare respiro alle forze della
conservazione e dell’ordine costituito, allontanando minacce sovversive.
[il
fascismo nell’aria] Non siamo al fascismo, certo, che frantumò anche
la fragile ossatura dello Stato giolittiano. Tuttavia nello “stato profondo”,
nell’autoritarismo dell’esecutivo, nella prevaricazione della legittimità
democratica, nel livore antipopolare degli Stati Maggiori militari e dei corpi
dello Stato, nella retorica nazionalista delle radiose giornate di maggio, nel
graduale costituirsi di un blocco sociale eterogeneo tra la piccola borghesia
cittadina impaurita dal pericoloso rosso, i suoi figli studenti innamorati di
gagliardetti e bandiere, i grandi interessi dell’industria pesante ammantatasi
delle parole patria e onore, trascinanti ed emozionanti, capaci di sprigionare
un venefico contagio anche tra gli esclusi da ogni profitto, sono forse già
leggibili in embrione i tratti del fascismo italiano.
[la vittoria, conseguenze ] Guerra di nazionalismi esasperati, dunque; in
Italia la grama vittoria [ nell’aprile del 1919 il Presidente del Consiglio
Ministri Orlando e il ministro degli esteri Sonnino abbandonarono la conferenza
di Parigi per protesta contro la scarsa considerazione degli interessi italiani
da parte degli alleati dell’intesa] lasciò irrisolti i pesanti squilibri strutturali e
gli annosi problemi del giovane Stato, aggravando i tratti di un balbettante
capitalismo straccione e imprimendo una fortissima accelerazione al processo di
accumulazione e concentrazione dei capitali della industria siderurgica, [ il bilancio 1915 della Fiat di Torino si
chiude con un utile netto di 8 milioni, i maggiori azionisti si dividono
profitti enormi, con dividenti che ammontano a 3.910.000 lire; nel 1916 gli
utili salgono ancora, il capitale è aumentato sino a 37 milioni. Nell’aprile
1918 il capitale in lire-oro è già a 50 milioni; nel giugno 1918 tocca i 100
milioni. Alla fine della guerra il capitale Fiat è giunto a 125 milioni e gli
indici degli utili sfiorano l’ottanta per cento contro il 9/25 per cento di
prima della guerra] alla formazione dei grandi gruppi familistico-territoriali
ingrassati dalle commesse militari, un apparato produttivo concentrato e
squilibrato, una macchina dello Stato improvvisata, a compartimenti stagni
largamente infeudata dagli interessi dei più grandi gruppi economici, un
personale dirigente tenuto insieme da una comune vocazione autoritaria, una opinione
pubblica formatasi sotto il segno della guerra e della esasperazione.
[la vittoria mutilata] da subito la trasmutazione della “vittoria” in “vittoria
mutilata” aprì le porte alla dannunziana impresa di Fiume (settembre 1919) e
innescò un sotterraneo sentire che, annullando le categorie di classe, ad arte
sostituite con quelle della freschezza e della giovinezza (vedasi canzone
Giovinezza Giovinezza ) irridenti la vecchia moralità giolittiana, trova speranza
nel fascismo, vedendo in esso la forza che avrebbe riscattato il Paese da
queste mutilazioni.
[il
lessico della dittatura] Facciamo un salto
nello spazio e nel tempo. E’ il 25 dicembre 1914 sul settore settentrionale del
fronte occidentale nelle trincee della Fiandra, a sud dell’abitato di Ypres,
quando i soldati dei contrapposti fronti escono allo scoperto, si incontrano
nella terra di nessuno. Non è un ammutinamento e non è una ribellione.
L’episodio - noto come tregua di Natale - è leggibile come la riemersione, in
un universo di inaudita ferocia, di una forma di umana solidarietà, forse
accompagnata dagli scambi di poveri beni, cioccolata o fiammiferi, forse da una
improvvisata partita di pallone, forse dal sordo scavare nella terra per il
seppellimento dei morti. Tuttavia tanto bastò, perché un oscuro caporale austriaco
scrivesse nel suo diario “ dove è andato
a finire l’onore dei tedeschi?”. Questo diario sarebbe stato pubblicato
anni dopo con il titolo Mein Kampf. Il nome del caporale austriaco era Adolf
Hitler. Il lessico della grande guerra costruisce già il lessico della
dittatura.
[1919 anno della rivoluzione] “la caduta
degli Hohenzollern in Germania, lo sgretolarsi dell’impero degli Asburgo, la fuga
dell’ultimo imperatore, i moti spartakisti a Berlino, la rivoluzione
bolscevica, i soviet in baviera …tutti gli straordinari e clamorosi avvenimenti
della fine del ’18 e del principio del ’19 colpirono le fantasie e suscitarono
la speranza che il vecchio mondo stesse per crollare e che l’umanità fosse
sulla soglia di una nuova era e di un nuovo ordine sociale”- scrive Pietro
Nenni.
Anche il Comitato
centrale della Associazione nazionale combattenti (gennaio 1919) integra il
concetto di patria con il concetto di umanità e ne sottolinea la differenza
rispetto all’egoismo nazionale.
Il 1919 è l’anno
della rivoluzione italiana. Le masse hanno cominciato la loro lotta per il
pane, la terra, la libertà. I ponti con il passato sembrano rotti per sempre.
E’ il presagio della Quarta Italia, l’Italia del Quarto Stato. In questo stesso
anno, all’Italia proletaria vengono meno i capi e i programmi. E’ l’anno della
fondazione dei fasci di combattimento.
Bibliografia
Piero Pieri
l’Italia nella prima guerra mondiale
Giuliano
Procacci storia degli Italiani
Emilio Del Bono “nell’esercito nostro
Olindo Malagodi conversazioni sulla guerra 15-18 .
Guerrini/Pluviano la giustizia militare durante la grande guerra,
annali della Fondazione Ugo La Malfa Storia e politica XXVIII 2013].
Giorgio Rochat gli storici italiani e la grande guerra
la tregua di Natale, lettere dal fronte, progetto
Plum Pudding curato da Alan Cleaver e Lesley Park ]
Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale
Remarque La via del ritorno
Melograni
Storia politica della grande guerra
Spriano
Torino operaia nella grande guerra
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