lunedì 18 aprile 2016

L'INVISIBILE OVUNQUE : spunti sulla grande guerra



Continuano le iniziative di formazione e studio della sezione Onorina Pesce: pubblichiamo gli spunti proposti da Annalisa Alessio sulla grande guerra in premessa alla più approfondita riflessione sulla nascita del fascismo di Marco Sannella.
[il disvelamento] Il passaggio forse più semplice ed efficace per rappresentare la grande guerra è  in un grande testo di Remarque “ la via del ritorno”, il libro che segue di poco la pubblicazione del più famoso “niente di nuovo sul fronte occidentale”. Nel testo di Remarque, trova parole il “taciuto” della grande guerra
:ci hanno ingannati, ingannati come forse non sospettiamo nemmeno. Perché si è orribilmente abusato di noi. Ci dissero patria e intendevano i progetti di occupazione di una industria famelica, ci dissero onore e intendevano i litigi e i desideri di potenza di un pugno di diplomatici ambiziosi e di principi, ci dissero nazione ed intendevano il bisogno di attività di alcuni generali disoccupati. Nella parola patriottismo hanno pigiato tutte le loro frasi, la loro ambizione, la loro avidità di potenza, il loro romanticismo bugiardo, la loro stupidità, il loro affarismo e ce l’hanno presentato come un ideale radioso. E noi abbiamo creduto che fosse la fanfara trionfale di una esistenza nuova... Abbiamo fatto la guerra contro noi stessi, senza saperlo. E ogni proiettile che colpiva nel segno colpiva uno di noi. La gioventù del mondo si è messa in moto e in ogni paese ha creduto di combattere per la libertà. E in ogni paese l’hanno ingannata abusandone, in ogni paese ha combattuto per interessi anziché per ideali….una generazione di speranze, di fede, di volontà, di forza, di capacità fu ipnotizzata in modo che ha distrutto sé stessa a cannonate, pur avendo in tutto il mondo le stesse mete”.
Un romanzo può essere sovversivo assai più di una bomba: lo sanno bene i nazionalsocialisti che nel ’33 danno alle fiamme il libro, costringendo il suo autore alla fuga in Svizzera e poi negli USA.
[lettere dal fronte] la tesi della grande guerra come inesorabile declinazione sanguinaria del capitale e strategia delle nuove borghesie nazionaliste in caccia di affari e affermazione di sé come uniche garanti della tranquillità e del benessere della nazione torna in una lettera di VDS, 21 anni, 9° artiglieria da fortezza,  condannato ad un anno e dieci mesi di reclusione per insubordinazione. VDS scrive al padre pregandolo di dire a tutti “che la guerra è ingiusta perché voluta da una minoranza di uomini i quali profittando della ignoranza della grande massa del popolo si sono impadroniti di tutte le forze per poter comandare massacrare soggiogare, chi fa la guerra è il popolo i lavoratori loro che hanno le mani callose e che sono questi che muoiono sono essi i sacrificati mentre gli altri ricchi riescono a mettersi al sicuro,se il popolo arriva a capire il nocciolo della questione salteranno per aria loro e tutti i loro denari . ditegli che la guerra per il popolo significa aumento stragrande della miseria, significa fame, significa morte, e null’altro.” La motivazione della condanna, desunta dagli Archivi Militari riportati alla luce dopo 50 anni da Forcella/Monticone [“Plotone di esecuzione”], è riconducibile al fatto che V.D.S. “anziché lenire e rassicurare il padre triste per la sua lontananza, ne esasperava il dolore con principi sovversivi e di odio di classe.”
[entrata in guerra, la scelta] la partecipazione dell’Italia alla guerra fu oggetto di una scelta concentrata quasi esclusivamente nelle mani dell’esecutivo. (Ministro Esteri Sonnino; presidente del Consiglio Salandra). Espropriando il Parlamento delle proprie prerogative [“I poteri governativi avevano di fatto soppressa l’azione del Parlamento  in un modo che non aveva riscontro negli altri Stati ( cit. Giolitti Memorie) ], dopo aver condotto trattative segrete sia con gli imperi centrali sia con le Forze dell’Intesa, l’esecutivo andò alla sigla del trattato di Londra ( 26 aprile 1915) con una sorta di colpo di Stato parlamentare, appena rivestito di forme di legalità.
Non solo. Quasi ad anticipare il progressivo convincimento delle classi dominanti che una guerra breve e vittoriosa avrebbe facilitato, mediante l’instaurazione di una maggiore disciplina nel Paese, una involuzione in senso autoritario e novantottesco dello Stato, mentre si compie l’attentato di Sarajevo contro Francesco Ferdinando erede al trono di Austria e Ungheria, ( 28 giugno 1914) 100.000 uomini delle forze dell’ordine vengono inviati in Romagna a fronteggiare braccianti non numerosissimi e non armati, protagonisti della cosidetta “settimana rossa”, episodio che sembra più la parodia di una rivoluzione che una rivoluzione vera e propria. La entrata in guerra dell’Italia ( 24 maggio 1915) andava quindi assumendo i contorni di una scelta di politica interna finalizzata a dare respiro alle forze della conservazione e dell’ordine costituito, allontanando minacce sovversive.
[il fascismo nell’aria] Non siamo al fascismo, certo, che frantumò anche la fragile ossatura dello Stato giolittiano. Tuttavia nello “stato profondo”, nell’autoritarismo dell’esecutivo, nella prevaricazione della legittimità democratica, nel livore antipopolare degli Stati Maggiori militari e dei corpi dello Stato, nella retorica nazionalista delle radiose giornate di maggio, nel graduale costituirsi di un blocco sociale eterogeneo tra la piccola borghesia cittadina impaurita dal pericoloso rosso, i suoi figli studenti innamorati di gagliardetti e bandiere, i grandi interessi dell’industria pesante ammantatasi delle parole patria e onore, trascinanti ed emozionanti, capaci di sprigionare un venefico contagio anche tra gli esclusi da ogni profitto, sono forse già leggibili in embrione i tratti del fascismo italiano.
[la vittoria, conseguenze ] Guerra di nazionalismi esasperati, dunque; in Italia la grama vittoria [ nell’aprile del 1919 il Presidente del Consiglio Ministri Orlando e il ministro degli esteri Sonnino abbandonarono la conferenza di Parigi per protesta contro la scarsa considerazione degli interessi italiani da parte degli alleati dell’intesa] lasciò irrisolti i pesanti squilibri strutturali e gli annosi problemi del giovane Stato, aggravando i tratti di un balbettante capitalismo straccione e imprimendo una fortissima accelerazione al processo di accumulazione e concentrazione dei capitali della industria siderurgica, [ il bilancio 1915 della Fiat di Torino si chiude con un utile netto di 8 milioni, i maggiori azionisti si dividono profitti enormi, con dividenti che ammontano a 3.910.000 lire; nel 1916 gli utili salgono ancora, il capitale è aumentato sino a 37 milioni. Nell’aprile 1918 il capitale in lire-oro è già a 50 milioni; nel giugno 1918 tocca i 100 milioni. Alla fine della guerra il capitale Fiat è giunto a 125 milioni e gli indici degli utili sfiorano l’ottanta per cento contro il 9/25 per cento di prima della guerra] alla formazione dei grandi gruppi familistico-territoriali ingrassati dalle commesse militari, un apparato produttivo concentrato e squilibrato, una macchina dello Stato improvvisata, a compartimenti stagni largamente infeudata dagli interessi dei più grandi gruppi economici, un personale dirigente tenuto insieme da una comune vocazione autoritaria, una opinione pubblica formatasi sotto il segno della guerra e della esasperazione.
[la vittoria mutilata] da subito la trasmutazione della “vittoria” in “vittoria mutilata” aprì le porte alla dannunziana impresa di Fiume (settembre 1919) e innescò un sotterraneo sentire che, annullando le categorie di classe, ad arte sostituite con quelle della freschezza e della giovinezza (vedasi canzone Giovinezza Giovinezza ) irridenti la vecchia moralità giolittiana, trova speranza nel fascismo, vedendo in esso la forza che avrebbe riscattato il Paese da queste mutilazioni.
[il lessico della dittatura] Facciamo un salto nello spazio e nel tempo. E’ il 25 dicembre 1914 sul settore settentrionale del fronte occidentale nelle trincee della Fiandra, a sud dell’abitato di Ypres, quando i soldati dei contrapposti fronti escono allo scoperto, si incontrano nella terra di nessuno. Non è un ammutinamento e non è una ribellione. L’episodio - noto come tregua di Natale - è leggibile come la riemersione, in un universo di inaudita ferocia, di una forma di umana solidarietà, forse accompagnata dagli scambi di poveri beni, cioccolata o fiammiferi, forse da una improvvisata partita di pallone, forse dal sordo scavare nella terra per il seppellimento dei morti. Tuttavia tanto bastò, perché un oscuro caporale austriaco scrivesse nel suo diario “ dove è andato a finire l’onore dei tedeschi?”. Questo diario sarebbe stato pubblicato anni dopo con il titolo Mein Kampf. Il nome del caporale austriaco era Adolf Hitler. Il lessico della grande guerra costruisce già il lessico della dittatura.
[1919 anno della rivoluzione]la caduta degli Hohenzollern in Germania, lo sgretolarsi dell’impero degli Asburgo, la fuga dell’ultimo imperatore, i moti spartakisti a Berlino, la rivoluzione bolscevica, i soviet in baviera …tutti gli straordinari e clamorosi avvenimenti della fine del ’18 e del principio del ’19 colpirono le fantasie e suscitarono la speranza che il vecchio mondo stesse per crollare e che l’umanità fosse sulla soglia di una nuova era e di un nuovo ordine sociale”- scrive Pietro Nenni.
Anche il Comitato centrale della Associazione nazionale combattenti (gennaio 1919) integra il concetto di patria con il concetto di umanità e ne sottolinea la differenza rispetto all’egoismo nazionale.
Il 1919 è l’anno della rivoluzione italiana. Le masse hanno cominciato la loro lotta per il pane, la terra, la libertà. I ponti con il passato sembrano rotti per sempre. E’ il presagio della Quarta Italia, l’Italia del Quarto Stato. In questo stesso anno, all’Italia proletaria vengono meno i capi e i programmi. E’ l’anno della fondazione dei fasci di combattimento.
Bibliografia
Piero Pieri l’Italia nella prima guerra mondiale
Giuliano Procacci storia degli Italiani
Emilio Del Bono “nell’esercito nostro
Olindo Malagodi conversazioni sulla guerra 15-18 .
Guerrini/Pluviano la giustizia militare durante la grande guerra, annali della Fondazione Ugo La Malfa Storia e politica XXVIII 2013]. 
Giorgio Rochat gli storici italiani e la grande guerra
la tregua di Natale, lettere dal fronte, progetto Plum Pudding curato da Alan Cleaver e Lesley Park ]
Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale
Remarque La via del ritorno
Melograni Storia politica della grande guerra
Spriano Torino operaia nella grande guerra

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