lunedì 15 febbraio 2016

BONAPARTISMO e PROTOFASCISMO: iniziativa di formazione



Pubblichiamo la sintesi della prima iniziativa di formazione della nostra sezione su Bonapartismo reazionario e protofascismo. Ringraziamo Marco Sannella, autore del testo sotto riportato, e Matia Vaz Pato per la loro esposizione che apre mille spunti di riflessione e vi proponiamo anche la bibliografia segnalataci.
Note preliminari e punti di riferimento per una discussione sul Bonapartismo reazionario e Protofascismo
Il protofascismo ha rappresentato in una certa misura una “prova in costume”, o meglio un allenamento preparatorio del successivo fascismo: banco di prova è stata in primo luogo la Francia, con la mobilitazione reazionaria di massa boulangista e lo squadrismo dei camelots du roi affiliati all’ Action Française.   Anche nell’Europa centrale, coi successi elettorali dei vari partiti antisemiti tra le masse popolari ed il pogromismo russo (cui accondiscese perfino la Narodnaja Volja populista…).

La stretta dipendenza dei movimenti protofascisti dai rispettivi imperialismi è evidente, con alcune contraddizioni: i nazionalisti italiani erano in parte germanofili, per ammirazione del modello bonapartista reazionario bismarckiano, mentre la mobilitazione di massa che fornì la base al fascismo mussoliniano fu nettamente pro-Intesa, in particolare francofila (“sinistra” massonica radicalsocialista e anarcosindacalismo soreliano…). Il sottofondo ideologico è la reazione contro la Rivoluzione francese, o perlomeno contro il giacobinismo che l’aveva spinta “fino al limite estremo della rivoluzione borghese “ (cfr. G. Lukács), e della quale le rivoluzioni proletarie, fallite e vittoriose, erano viste come prosecuzione. Non a caso il protofascismo fiorì soprattutto in Francia, ove specialmente nel 1848 e nel 1871 il proletariato aveva seriamente, benché senza successo, minacciato il potere borghese, in anticipazione di quella che sarà la “guerra civile europea” degli anni Venti nel secolo successivo (anche qui, la borghesia intendeva prevenire sviluppi rivoluzionari, benché immaturi, violando a tal uopo la sua stessa legalità: la légalité nous tue).

Bonapartismo del Primo e Secondo Impero
Quando si parla di “bonapartismo reazionario” ci si riferisce al Secondo Impero di Luigi Bonaparte (Napoleone III). Il bonapartismo originale era infatti, nel quadro internazionale, relativamente progressista, ed estendeva, con modalità militari e burocratiche, le conquiste borghesi della Grande Rivoluzione, la cui “trascrescenza”  democratica, piccolo-borghese ma anche,  in parte,  proletaria (Robespierre nei suoi taccuini annotava che per salvare la rivoluzione bisognava “unire il popolo contro la borghesia”) era stata stroncata dalla rivincita termidoriana di Girondini e Foglianti. Il bonapartismo originale combinava la lotta rivoluzionaria borghese contro i residui dell’ Ancien régime (legittimisti)con con la persistente repressione delle tendenze democratiche piccolo-borghesi e proletarie o semiproletarie (giacobini), donde una sostanziale duplicità.

Nella seconda metà del sec. XIX, per contro, in un’Europa imborghesita, anche per gli esiti compromissori del ’48 (in cui la borghesia emergente aveva formato un blocco con le vecchie classi dominanti contro la “trascrescenza” proletaria del giugno parigino, o per prevenire analoghi moti dei lavoratori salariati nonché del bracciantato agricolo), il ruolo della borghesia risultava prevalentemente reazionario, e rivolto a demolire, per timore del proletariato, anche alcune conquiste democratiche, sia pur limitate ¾ e perfino “liberali”¾ residuate sia dalla Grande Rivoluzione, sia dallo stesso Primo Impero napoleonico. Mentre p.es. in Italia questo portava ad un accordo “moderato” tra capitalisti e proprietari fondiari reazionari (borbonici al Sud), e così in Germania tra borghesi ed Junker capeggiati da Bismarck, in Francia il panico della borghesia di fronte allo spettro del comunismo la conduceva a ripudiare come “socialismo”, scriveva Marx, “ogni rivendicazione della più semplice riforma finanziaria borghese,del liberalismo più ordinario, del repubblicanesimo più banale,della democrazia più volgare” (K. Marx: Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte), e a trasferire il potere all’esecutivo ed alle forze di repressione, e successivamente al neobonapartismo reazionario di Luigi Bonaparte, nipote olandese dell’imperatore còrso, “personaggio mediocre e grottesco”, divenuto presidente della Repubblica come garante dell’ ordine borghese, ma a sua volta ben deciso a impadronirsi del potere accentrato,col conforto di una maggioranza elettorale (con suffragio universale) in larga misura raccolta tra il contadiname reazionario (contadini piccoli proprietari), ma con l’appoggio dell’esercito e del clero, e postosi a capo di  una variopinta banda di avventurieri finanziari, mercenari,speculatori, ricattatori, veri e propri malviventi (“Ricevere denaro in regalo o in prestito: ecco la prospettiva con la quale egli sperava di adescare le masse. Regalare e prendere a prestito: a questo si limita la scienza finanziaria del sottoproletariato, sia esso nobile o plebeo” (Marx ibid.); “Con questi elementi a lui affini, Bonaparte aveva costituito il nucleo della Società del 10 dicembre [1848, data della sua elezione a presidente con poteri speciali], “società di beneficenza” in quanto i suoi membri, al pari di Bonaparte, sentivano il bisogno di farsi della beneficenza alle spalle della nazione lavoratrice (Marx ibid.).
Anche dopo la caduta, con la guerra franco-prussiana del 1870, del ventennale regime instaurato il 2 dicembre 1852, la borghesia internazionale, terrorizzata dal pur effimero episodio di dittatura proletaria della Comune di Parigi del 1871, mostrò in vari modi propensioni al “bonapartismo reazionario” nel senso sopra riferito ¾ predominio dell’esecutivo, affidamento ad un elettorato o movimento di supporto piccolo-borghese reazionario, ed a un personale dirigente sottoproletario (Lumpenbourgeoisie). Se da un lato la democrazia borghese andava assumendo, come notava Engels, tratti sempre più “bonapartisti”, dall’altro, col precipitare dello scontro di classe,e soprattutto dopo la Rivoluzione d’Ottobre e l’instaurazione di un duraturo potere statale proletario in una parte cospicua del mondo abitato,la reazione borghese fascista, nelle sue diverse varianti,assumeva aspetti di bonapartismo accentuato od esasperato ¾ nel senso dell’effettiva distruzione di ogni organizzazione indipendente della classe operaia, e, specie nella fase “movimentista” e “squadrista”, l’utilizzo del sottoproletariato criminale, in combinazione con la piccola borghesia retrograda, contro i lavoratori. Vi è una considerevole parte di verità nelle interpretazioni, p. es. di August Thalheimer, del nazifascismo come bonapartismo reazionario estremo; così, almeno per gli esordi del regime mussoliniano, è pertinente il riferimento gramsciano al Popolo delle scimmie dal  Libro della giungla di R. Kipling: “La classe proprietaria ripete, nei riguardi del potere esecutivo, lo stesso errore che aveva commesso ne riguardi del  Parlamento: crede di potersi meglio difendere dagli assalti della classe rivoluzionaria, abbandonando gli istituti del suo Stato ai capricci isterici del “popolo delle scimmie”, della piccola borghesia”.(L’Ordine Nuovo,2 gennaio 1921).Ovviamente, rispetto alla reazione di tipo bonapartista (tipizzata dai vari governi gorillas latinoamericani), il fascismo segna un salto di qualità nella repressione antiproletaria generalizzata, estesa anche alle organizzazioni più “moderate” e riformiste.

“Ideologicamente”, il fascismo è un bazar, un agglomerato raccogliticcio della reazione. Comunque, il suo contenuto antidemocratico ed antioperaio venne anticipato da svariate tendenze ideologiche, movimenti ed anche regimi, quali

  • Il bonapartismo reazionario del II Impero
  • Il “liberalismo” conservatore-imperialista (contrapposto alla democrazia piccolo-borghese, solo a parole “giacobina”, cfr. B. Croce, Lloyd George, Th. Roosevelt,ecc.)
  • I successivi movimenti bonapartisti e monarchici in Francia, dal boulangismo alla Action Française (in entrambi i casi, con ampio coinvolgimento di socialisti piccolo-borghesi e rivoluzionari pentiti, ex-blanquisti, anarchici, ecc.).
  • Gli slavofili fino alle “centurie nere”nella Russia zarista.
  • Il movimento antisemita, specie in Germania ed Austria (con imponente partecipazione di ex-socialisti, v. E. Dühring);
  • L’estrema destra “esoterica-antimodernista” (Thulegesellschaft, Luddendorff, ecc.)
  • Lo jingoismo inglese, l’ Orangismo (Carson) in Irlanda;
  • Il razzismo bianco (“ariano”), con importanti contributi di intellettuali piccolo-borghesi “progressisti” (da Lombroso fino a Jack London);
  • Il razzismo bianco derivante dallo schiavismo sudista-confederale negli USA (KKK);
  • Nel Nord degli USA,squadrismo antioperaio (organizzazione Pinkerton, ecc.)
  • Il nazionalismo italiano (Corradini ecc., con ambigue oscillazioni “a sinistra nel caso di Dannunzio: anche qui con appoggio di “sindacalisti rivoluzionari” vari)
  • Il clericalismo cattolico (Sillabo, Civiltà Cattolica, ecc.), protestante, cristiano-ortodosso, ecc. (gerarchie sociali non biologicamente determinate, ma riconducibili all’ordinamento “(sovran)naturale” ; interclassismo, collaborazione di classe, ecc.). Franchismo spagnolo, rexismo belga ecc. sono riconducibili a tale matrice, così come un’ala nazionalista/fascista, p.es. G. Papini).



Bibliografia:

-        Alberto De Bernardi, Il Fascismo e le sue Interpretazioni,  in IL FASCISMO - Dizionario di Storia, Bruno Mondadori 1998
-        G.L. Mosse, Il Fascismo. Verso una teoria generale. – Laterza 1996
-        E. Collotti, Fascismo, fascismi. – Sansoni 1989
-        B. Croce, Per una nuova via dell’Italia – Ricciardi 1944
-        P. Gobetti, Scritti politici – Einaudi 1960
-        P. Togliatti, Lezioni sul Fascismo – Editori Riuniti 1970
-        Z. Sternhell, Né destra, né sinistra – Baldini e Castoldi 1997
-        Z. Sternhell, La destra rivoluzionaria – Corbaccio 1997
-        K. Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte – Editori Riuniti 1962
-        A. Gramsci, Machiavelli. Il Cesarismo – Quaderni del Carcere vol.2 Einaudi 1975
-        A. Gramsci, Il Popolo delle Scimmie in Socialismo e Fascismo - Einaudi 1970
-        M. Battini, L’Ordine della Gerarchia – Bollati Boringhieri 1995

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