Pubblichiamo il testo consegnato dalla nostra sezione a Clemente Ferrario in occasione del recente conferimento della medaglia per il suo contributo alla lotta di liberazione nazionale.
“L’occasione
arrivò il primo giorno di scuola quando gli allievi del liceo Foscolo trovarono
sul proprio banco un volantino con un appello del CLN che chiamava i giovani
alla lotta armata” : con queste parole Clemente Ferrario nel suo libro “ Il
buon partito “
ricorda il suo esordio nella militanza antifascista, che, nell’estate ’44, lo avrebbe portato in Alta Valle Staffora, a Varzi centro della zona libera partigiana.
ricorda il suo esordio nella militanza antifascista, che, nell’estate ’44, lo avrebbe portato in Alta Valle Staffora, a Varzi centro della zona libera partigiana.
Nella
“repubblica garibaldina” di Varzi, - [sotto la guida della vecchia guardia
antifascista con uomini come “Carlo” (Beniamino Zucchella già combattente della
guerra di Spagna) e “Remo” (Carlo Lombardi reduce dalle galere del regime e
tornato alla lotta con l’incarico di Commissario Politico), mentre un
ventiquattrenne studente di filosofia “dallo sguardo triste”, il Comandante
Domenico Mezzadra, più noto come l’Americano, figli di migranti espatriati in
cerca di miglior fortuna ] - Ferrario compirà l’esperienza forse più
importante, quella che sicuramente sarà decisiva per ogni sua altra scelta
futura e che lo vedrà da allora in poi impegnato sul versante dell’antifascismo
e dell’impegno politico a sinistra.
Ringraziamo
la Prefettura di Pavia che, accogliendo la richiesta dell’ANPI nazionale
insignisce Ferrario della medaglia per il suo contributo alla lotta di
liberazione, riconoscendo l’alto valore della sua esperienza umana e politica,
permettendo anche all’Associazione Partigiani d’Italia di rendere omaggio
ancora una volta a Clemente, ragazzo partigiano, e poi funzionario del PCI
negli anni immediatamente successivi alla Liberazione quando una sola macchina
messa a disposizione dalla federazione comunista pavese, guidata allora da un
operaio della Necchi, Angelo Marinoni, andava portando gli oratori, come ben
racconta Ferrario, di paese in paese, di borgo in borgo fino alle case più
sperdute della Bassa Lomellina.
“Mi
laureai un giorno dell’autunno 1949”
racconta ancora Ferrario, nel suo stile privo di ogni orpello retorico, e “fu
un giorno triste…perché era arrivato il momento di voltar pagina”: si, perché
Ferrario lascia l’incarico di funzionario di partito e diventa avvocato,
convinto di potere meglio servire in questa veste e in questa funzione, dai
banchi del Tribunale, la causa che aveva abbracciato giovanissimo : quella
degli ultimi, degli oppressi e dei lavoratori.
Ma
il solo mestiere di avvocato non basta alla sua passione di vita: così Ferrario
diventa ricercatore, e si afferma negli anni come prestigioso studioso di
storia locale, regalando a tutti noi lavori che, precisi e ben documentati,
rappresentano un punto di riferimento importante : pensiamo ad alcuni suoi
libri, ad esempio quello dedicato a Carlo Lombardi, il Comandante Remo, che ci
permette di approfondire la violenta nascita del fascismo agrario nella
Lomellina dei leghe e dei grandi scioperi bracciantili, o quello dedicato a
Angelo Marinoni, “un comunista degli anni ’50”, che è anche storia di una
grande fabbrica di Pavia, la Necchi, e storia triste ed oscura della
repressione anti operaia degli anni dello scelbismo e della guerra fredda, o al
libro “Operai e contadini” – storia del movimento operaio e sindacale nella
nostra provincia.
Inviando
i nostri saluti fraterni a Ferrario lo ringraziamo del suo esempio di vita che
è la migliore dimostrazione di come la scelta antifascista debba declinarsi in
scelta di passione democratica – quella stessa scelta che noi qui ed ora
continuiamo a perseguire.
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