martedì 22 dicembre 2015

CLEMENTE FERRARIO, ANTIFASCISTA



Pubblichiamo il testo consegnato dalla nostra sezione a Clemente Ferrario in occasione del recente conferimento della medaglia per il suo contributo alla lotta di liberazione nazionale.
“L’occasione arrivò il primo giorno di scuola quando gli allievi del liceo Foscolo trovarono sul proprio banco un volantino con un appello del CLN che chiamava i giovani alla lotta armata” : con queste parole Clemente Ferrario nel suo libro “ Il buon partito “
ricorda il suo esordio nella militanza antifascista, che, nell’estate ’44, lo avrebbe portato in Alta Valle Staffora, a Varzi centro della zona libera partigiana.

Nella “repubblica garibaldina” di Varzi, - [sotto la guida della vecchia guardia antifascista con uomini come “Carlo” (Beniamino Zucchella già combattente della guerra di Spagna) e “Remo” (Carlo Lombardi reduce dalle galere del regime e tornato alla lotta con l’incarico di Commissario Politico), mentre un ventiquattrenne studente di filosofia “dallo sguardo triste”, il Comandante Domenico Mezzadra, più noto come l’Americano, figli di migranti espatriati in cerca di miglior fortuna ] - Ferrario compirà l’esperienza forse più importante, quella che sicuramente sarà decisiva per ogni sua altra scelta futura e che lo vedrà da allora in poi impegnato sul versante dell’antifascismo e dell’impegno politico a sinistra.

Ringraziamo la Prefettura di Pavia che, accogliendo la richiesta dell’ANPI nazionale insignisce Ferrario della medaglia per il suo contributo alla lotta di liberazione, riconoscendo l’alto valore della sua esperienza umana e politica, permettendo anche all’Associazione Partigiani d’Italia di rendere omaggio ancora una volta a Clemente, ragazzo partigiano, e poi funzionario del PCI negli anni immediatamente successivi alla Liberazione quando una sola macchina messa a disposizione dalla federazione comunista pavese, guidata allora da un operaio della Necchi, Angelo Marinoni, andava portando gli oratori, come ben racconta Ferrario, di paese in paese, di borgo in borgo fino alle case più sperdute della Bassa Lomellina.

“Mi laureai un giorno dell’autunno 1949” racconta ancora Ferrario, nel suo stile privo di ogni orpello retorico, e “fu un giorno triste…perché era arrivato il momento di voltar pagina”: si, perché Ferrario lascia l’incarico di funzionario di partito e diventa avvocato, convinto di potere meglio servire in questa veste e in questa funzione, dai banchi del Tribunale, la causa che aveva abbracciato giovanissimo : quella degli ultimi, degli oppressi e dei lavoratori.

Ma il solo mestiere di avvocato non basta alla sua passione di vita: così Ferrario diventa ricercatore, e si afferma negli anni come prestigioso studioso di storia locale, regalando a tutti noi lavori che, precisi e ben documentati, rappresentano un punto di riferimento importante : pensiamo ad alcuni suoi libri, ad esempio quello dedicato a Carlo Lombardi, il Comandante Remo, che ci permette di approfondire la violenta nascita del fascismo agrario nella Lomellina dei leghe e dei grandi scioperi bracciantili, o quello dedicato a Angelo Marinoni, “un comunista degli anni ’50”, che è anche storia di una grande fabbrica di Pavia, la Necchi, e storia triste ed oscura della repressione anti operaia degli anni dello scelbismo e della guerra fredda, o al libro “Operai e contadini” – storia del movimento operaio e sindacale nella nostra provincia.

Inviando i nostri saluti fraterni a Ferrario lo ringraziamo del suo esempio di vita che è la migliore dimostrazione di come la scelta antifascista debba declinarsi in scelta di passione democratica – quella stessa scelta che noi qui ed ora continuiamo a perseguire.

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