sabato 18 aprile 2015

FERRUCCIO GHINAGLIA ; RIVOLUZIONARIO E ANTIFASCISTA




Pubblichiamo uno stralcio dell'intervento di apertura al convegno di stamattina ( 18 aprile 2015) organizzato dalla sezione Onorina Pesce su Ferruccio Ghinagma, antifascista e rivoluzionario.
.....Il convegno è una occasione per riannodare il filo della conoscenza attorno al giovane cremonese che fu per anni il simbolo più caro dell’antifascismo pavese.

E’ l’ottobre 1920. Si ammaniano le bandiere rosse poste sui tetti delle fabbriche nelle settimane dell'occupazione, si spengono le ultime scintille del biennio rosso. Ghinaglia sente tutta l'amarezza di questo momento.


Su Vedetta Rossa scrive infatti : “le fabbriche che erano diventate fortezze nelle mani degli operai tornano di nuovo nelle mani dei padroni. Quelle armi che erano nostre e che noi impugnavamo le impugnerà forse un giorno la borghesia contro di noi”.

Ghinaglia indirizza queste parole ai dirigenti del partito socialista, esplicitamente accusandoli di aver rinviato l’ora della rivoluzione proletaria, disperdendo nella accettazione delle sole rivendicazioni economiche il potenziale rivoluzionario, il sogno leninista che serpeggiava come imminente e praticabile utopia tra i braccianti in sciopero nella Lomellina rossa di Carlo Lombardi e di Egisto Cagnoni e tra gli operai che occupando le fabbriche, tra il 1919 e il 1920, immaginavano possibile un radicale rovesciamento dei rapporti della produzione e della politica.

A sorreggere ed animare lo scritto di Ghinaglia è il bisogno di un nuovo partito, di una nuova avanguardia politica ed organizzativa capace di orientare, dirigere e diffondere la parola d’ordine dell’internazionale comunista.

Sono i giorni che precedono la scissione di Livorno e Ghinaglia, con il cuore e il cervello, è tutto per il nuovo partito, che sarà, dovrà essere lo strumento politico di cui i proletari italiani hanno bisogno per non perdere l’occasione storica di una rivoluzione che gli sembra ineludibile e straordinariamente vicina.

Non sarà così.

Già mentre nasce il nuovo partito, lo squadrismo fascista sta accelerando il suo passo, finanziato dagli agrari e larvatamente sostenuto dalle lobby del balbettante capitalismo che individuano nei manganelli e nelle pistole delle camice nere le necessarie medicine per ripristinare l’onnipotenza padronale e stroncare anche la sola idea della rivoluzione socialista.

Mentre Ghinaglia scrive, prende la parola in cento comizi, partecipa a mille manifestazioni, il fascismo ha già esattamente individuato in lui l' avversario di classe da stroncare e da eliminare.

L’assassinio di Ghinaglia segna un salto di qualità nel fascismo della nostra provincia. Da fenomeno criminoso concentrato nelle sole campagne, passa il fiume, diventa fascismo urbano che dilagherà nelle prefetture e nei municipi del Paese, costellando la sua marcia di morti proletarie, quella di Maria Monchietti, ad esempio, uccisa a Ceretto nel corso della rappresaglia fascista contro il paese colpevole di aver votato in massa per i socialisti, quella di Giovanni Salvadeo capo delle leghe contadine ucciso a mazzate il 27 aprile ’21 a Lomello, quella di Battista Gobbi, socialista, di Cergnago, finito a pugnalate, quella di Spartaco Lavagnini sindacalista comunista di Firenze.

Sono morti dimenticate. Troppo spesso esse finiscono negli angoli bui della storia, o che, se ricordate, vengono fatte oggetto di una generica pietà per i defunti – un po’ come accade quando si accomunano morti partigiane e morti fasciste – o collocate in un quadro storico di pesante revisionismo come accade nel libro di Pansa che, ambientato in Lomellina, descrive braccianti e salariati in sciopero, donne e uomini senza pane e senza terra, che fanno delle loro cascine e case del popolo l’ultima trincea contro lo squadrismo fascista come personaggi ambigui che "avevano la pistola facile e sparacchiavano senza pietà”.

La ragione per cui abbiamo voluto organizzare questa iniziativa è quella di restituire alla nostra città l’immagine viva di Ghinaglia e della sua stagione storica, insieme alla memoria dei tanti morti ammazzati negli anni di piombo della nascente dittatura, che non fu certo un infausto inciampo della storia ma il prodotto preciso della reazione padronale per la quale anche la fragile democrazia degli anni ’20 era di ostacolo alla propria “onnipotenza” – come scrive Angelo Tasca in Nascita e Avvento del fascismo.

Oggi l’ANPI ricorda Ghinaglia nella “sua” città che, non diversamente da quanto accade in tutto il Paese, è stata teatro delle gesta della destra del III millennio che declina parole d’ordine razziste e xenofobe, generatrici di una insensata lotta tra poveri, avvelenando il cuore e corrompendo il costume di un Paese disorientato e impaurito dalla recessione.

Anche per questo è oggi necessario ricordare Ghinaglia.

E più che mai è necessario ricostruire la tela di una unità antifascista allentata negli anni, tornando all’antifascismo come radice della Repubblica e lessico fondante della democrazia.

La democrazia che vogliamo e che rappresenta il migliore antidoto ad ogni risorgente fascismo è una democrazia piena e allargata, partecipata e sostanziale, che viva della libertà DAL bisogno, che riconosca diritto e dignità al lavoro, che assicuri uguaglianza e rispetto ad ogni persona, e che soprattutto non smantelli e non svuoti di rappresentanza quelle istituzioni che furono frutto della conquista dei venti mesi combattuti per la libertà.


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