Come contributo alle riflessioni sulla giornata della memoria, pubblichiamo il testo di Marco Sannella-Direttivo Sezione ANPI Onorina Pesce Brambilla su Shoah e Resistenza, già apparso oggi sulla Provincia Pavese.
"Seppur appuntamento
tra i più partecipati la «Giornata della Memoria» non sfugge a quell'affollato calendario che
supporta la realtà della «bulimia commemorativa», con annessi tutti i vizi
della retorica celebrativa, consolatoria, banalizzante ed in definitiva
autoindulgente.
Banalizzando si sposta il discorso, in forma di tardivo e
frettoloso risarcimento,
sulla problematica identità delle vittime,
sull'affascinante e complessa storia degli ebrei, e questa sorprendente
solidarietà è spesso veicolata dai più sospettabili portavoce di un
antifascismo addomesticato, proclive alla pacificazione nazionale al quale non
manca, perlopiù, una lettura mistica e provvidenziale del genocidio.RASTRELLAMENTO nel GHETTO di VARSAVIA |
La Shoah, lo
sterminio dei due terzi degli ebrei d'Europa, è un tragico punto d'arrivo, uno
spartiacque che riguarda, in primo luogo, i carnefici europei, volenterosi o
meno. Il programmato annientamento di 6 milioni di ebrei (tra cui1 milione di
bambini) ad opera del regime nazista e dei suoi stretti collaboratori europei,
i fascisti italiani della repubblichetta di Salò, delle croci frecciate
ungheresi, degli ustascia croati, dei rexisti belgi, dei petainisti di Vichy,
sino ai solerti collaboratori lettoni, lituani ed ucraini nell'Unione Sovietica
occupata dalla Wermacht, non fu il frutto abnorme di un gruppo di folli
criminali; la resistibile ascesa di Adolf Hitler alla Cancelleria del Reich è
stata favorita dall'appoggio della grande industria tedesca dei Krupp e degli
Stinnes, dall'appoggio di un aggressivo militarismo frustrato da Versailles, da
una volontà comune di colonizzare e schiavizzare, quanto prima, e dopo lo
schiacciamento di tutte le organizzazioni del movimento operaio, i territori
dell'est europeo. A sostegno di ciò è stata mobilitata tutta l'antica reazione,
imbevuta e strutturata da un millenario
antigiudaismo cattolico e dal più recente antisemitismo nazionalistico.
Questa miscela, feroce ed estrema, divenne strategia accuratamente pianificata
di sterminio (Endlosung o Soluzione Finale), posta in atto con sofisticata
tecnologia industriale ed efficacia senza precedenti. In questo senso la Shoah
si presenta come la «ricapitolazione» della reazione associata alla cosiddetta
«civiltà cristiano-occidentale».
I carnefici italiani
diedero il loro contributo fattivo a partire dalle Leggi Razziali del '38,
volute e messe in opera dalla dittatura fascista con alla testa Benito
Mussolini, coacervo ed apoteosi di ottusità ed infamia che portò al censimento
degli ebrei italiani, all'isolamento, alla segregazione, preliminari alla
deportazione ed allo sterminio successivo.Le Leggi furono firmate da Vittorio
Emanuele III di Savoia, Papa Pio XI si espresse contro una sola norma e non si
pronunciò Papa Pio XII. Solo l'antifascismo all'estero proclamò la sua ferma
condanna. La segregazione e la deportazione vide in prima fila i repubblichini, con dispacci
e fonogrammi che partivano dalle nostre stazioni di polizia, vagoni merci che
si dirigevano ai campi di concentramento e di transito, da quello di Fossoli a
quello di sterminio della Risiera di San Sabba, non mancò neppure l'infamia
delle taglie sulle consegne. Anche durante i mesi della deportazione degli
8.000 ebrei italiani la Resistenza fu
unica voce organizzata di solidarietà, i giornali degli azionisti e dei
socialisti denunciarono gli avvenimenti, l'"Unità» comunista chiamò alla costituzione di gruppi
di autodifesa: «Difendere gli ebrei!» proclamava un manifesto a ridosso della
razzia e della deportazione degli ebrei romani il 16 ottobre 1943.
DEPORTAZIONE NEL GHETTO DI ROMA |
«E' accaduto, quindi
potrebbe accadere di nuovo...», così ammoniva Primo Levi; dopo le amnistie del
dopoguerra e le «amnesie» del revisionismo, fattosi pure senso comune nei
nostri giorni, dopo gli anni dello stragismo nero, l'Anpi è in prima fila in
una battaglia che non è solo culturale contro rovescismi e revisionismi, ma è,
in prima istanza, politica. La mobilitazione contro i raggruppamenti delle
nuove destre neofasciste coperte dagli odierni imprenditori politici del
razzismo che alimentano (e a volte addirittura suscitano) paure e
strumentalizzano il bisogno d'ordine e di capri espiatori, che cercano di
capitalizzare l'energia distruttiva del rancore e della frustrazione è una
mobilitazione d'impegno quotidiano. Non ci sono scuse, né di libertà di parola,
né di agibilità politica, per chi vuole tornare alla barbarie fascista, tra
l'altro basterebbe l'applicazione della sola Costituzione, ma l'esperienza ci
dice che non basta. Il ricordo del martirio del popolo ebraico e della
Resistenza europea passa da questa attualizzazione dell'antifascismo, perché
l'incubo di Primo Levi non prenda corpo, un incubo che pareva immotivato sino a
qualche anno fa."
Nessun commento:
Posta un commento