sabato 27 settembre 2014

IL FASCISMO, L'IMPERO e IL GENOCIDIO DEL GEBEL



Nel 1981 il regista Moustapha Akkad gira “Il Leone del deserto”. Nell’82 il film verrà censurato, e la sua circolazione vietata nelle sale italiane.
“Il leone del deserto” è la storia di Omar al-Mukhtar, combattente della resistenza in Cirenaica contro l’aggressione italiana ed è anche la storia delle efferatezze del regio esercito nella guerra di Libia cominciata nel primo decennio del ‘900, ripresa dal fascismo che moltiplicò il numero delle Divisioni e innalzò la qualità degli armamenti, in prova dei successivi interventi bellici in Etiopia,


Somalia, Grecia, Spagna, fino al conflitto mondiale che ci vide vide alleati del III Reich.
Marciano le truppe italiane. Le guida “il più fascista tra gli ufficiali superiori”, Rodolfo Graziani, che ritroveremo nella Repubblica di Salò, al quale inneggiano i ritornelli delle Milizie in camicia nera “ se non ci conoscete, lo sanno gli altipiani, noi siamo gli arditissimi del colonnello Graziani”.

Marciano le truppe italiane. La loro missione è “portare la civiltà” tra le popolazioni nomadi di Libia, in particolare in quella regione che, inspiegabilmente, non vuole arrendersi a tanta “fortuna”, la Cirenaica e in Cirenaica l’altopiano del Gebel, là dove resistono i guerriglieri di Omar al- Mukhtar. Per “portare la civiltà”, nel gennaio del 1928 l’aviazione del nostro Paese effettua quattro pesanti bombardamenti al fosgene su una popolazione che si difende con le lance e nel febbraio del 1930 i nostri aerei Caproni 73 sganciano il loro carico di morte sui profughi in fuga.

Marciano le truppe italiane e con spropositata superiorità di uomini e mezzi, vanno spezzando la resistenza e riconquistando la Libia per farne il primo tassello dell’Impero, che Mussolini porterà in dono a Casa Savoia. Marciano le truppe italiane, e in capo ad esse stanno ufficiali e generali che  ordinano la deportazione delle popolazioni nei lager, volutamente realizzati nelle zone più torride e malsane, in una misura che sta tra le 80.000 e le 100.000 persone, di cui una buona metà morirà nei tre anni successivi.

Marciano le truppe italiane, e recano la responsabilità del genocidio del Gebel, mentre nei lager i prigionieri libici vengono costretti a guardare i loro fratelli che muoiono, impiccati, fucilati, ritualmente contati ogni sera, prima di essere gettati nelle fosse comuni.

Marciano le truppe italiane, aggrediscono le popolazioni di pastori semi nomadi, le riducono alla fame distruggendone il bestiame, e di giorno e di notte instancabilmente pattugliano il confine di filo spinato steso per una lunghezza di 270 km, per impedire la fuga dei nuovi schiavi dell’Impero fascista.

Marciano le truppe italiane, e si scatenano alla caccia del capo guerrigliero Omar al-Mukhtar, ultrasettantenne che sarà impiccato il 16 settembre 1931 davanti a 20.000 prigionieri fatti affluire dai campi della morte.

Il film venne censurato, Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, perché “lesivo dell’onore dell’esercito italiano”. Non si riteneva infatti opportuno mostrare al Paese il volto buio dell’ esercito, composto da uomini che, in guerra, non furono affatto quegli “italiani brava gente”, nella cui mitologia si lava via la cattiva coscienza della nostra Nazione.

Solo dal 2009 il film è passato più volte su Sky. Per noi è tempo di conoscere e fare i conti con questo nostro passato.

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