Nel 1981 il regista Moustapha Akkad gira “Il
Leone del deserto”. Nell’82 il film verrà censurato, e la sua circolazione
vietata nelle sale italiane.
“Il leone del
deserto” è la storia di Omar al-Mukhtar, combattente della resistenza in Cirenaica contro
l’aggressione italiana ed è anche la storia delle efferatezze del regio
esercito nella guerra di Libia cominciata nel primo decennio del ‘900, ripresa dal fascismo che moltiplicò il numero delle Divisioni e innalzò la qualità degli armamenti, in prova dei successivi interventi bellici in Etiopia,
Marciano le truppe italiane. La loro missione
è “portare la civiltà” tra le popolazioni nomadi di Libia, in particolare in
quella regione che, inspiegabilmente, non vuole arrendersi a tanta “fortuna”,
la Cirenaica e in Cirenaica l’altopiano del Gebel, là dove resistono i
guerriglieri di Omar al- Mukhtar. Per “portare la civiltà”, nel gennaio del
1928 l’aviazione del nostro Paese effettua quattro pesanti bombardamenti al
fosgene su una popolazione che si difende con le lance e nel febbraio del 1930
i nostri aerei Caproni 73 sganciano il loro carico di morte sui profughi in
fuga.
Marciano le truppe italiane e con spropositata
superiorità di uomini e mezzi, vanno spezzando la resistenza e riconquistando
la Libia per farne il primo tassello dell’Impero, che Mussolini porterà in dono
a Casa Savoia. Marciano le truppe italiane, e in capo ad esse stanno ufficiali
e generali che ordinano la deportazione
delle popolazioni nei lager, volutamente realizzati nelle zone più torride e
malsane, in una misura che sta tra le 80.000 e le 100.000 persone, di cui una
buona metà morirà nei tre anni successivi.
Marciano le truppe italiane, e recano la
responsabilità del genocidio del Gebel, mentre nei lager i prigionieri libici
vengono costretti a guardare i loro fratelli che muoiono, impiccati, fucilati,
ritualmente contati ogni sera, prima di essere gettati nelle fosse comuni.
Marciano le truppe italiane, aggrediscono le
popolazioni di pastori semi nomadi, le riducono alla fame distruggendone il
bestiame, e di giorno e di notte instancabilmente pattugliano il confine di
filo spinato steso per una lunghezza di 270 km, per impedire la fuga dei nuovi
schiavi dell’Impero fascista.
Marciano le truppe italiane, e si scatenano
alla caccia del capo guerrigliero Omar al-Mukhtar, ultrasettantenne che sarà
impiccato il 16 settembre 1931 davanti a 20.000 prigionieri fatti affluire dai
campi della morte.
Il film venne censurato, Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, perché “lesivo dell’onore dell’esercito italiano”. Non si riteneva infatti opportuno mostrare al Paese il volto buio dell’ esercito, composto da uomini che, in guerra, non furono affatto quegli “italiani brava gente”, nella cui mitologia si lava via la cattiva coscienza della nostra Nazione.
Solo dal 2009 il film è passato più volte su
Sky. Per noi è tempo di conoscere e fare i conti con questo nostro passato.
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