giovedì 26 maggio 2016

IO VOTO NO

Pubblichiamo volentieri il contributo di FRANCO OSCULATI, delegato al 16° Congresso ANPI Provinciale per la sezione Onorina Pesce, sulla questione referendaria. Una presa di posizione limpida ed efficace. 


La riforma della Costituzione e la nuova legge elettorale, se non vincesse il no, determineranno un forte irrigidimento del potere in capo a pochi e a Roma. Già le condizioni di vita di tutti dipendono molto da quanto si decide in sedi europee ampiamente irresponsabili verso i popoli e dai capricci dei mercati finanziari.
Di democrazia ne respiriamo poca e non vale la pena di rinunciare a quel che abbiamo in nome della falsa governabilità promessa dalla riforma Boschi e dall’Italicum. L’una e l’altro insieme renderanno più facile vincere ma non governare. Per vincere tutto, o quasi, al Pd basterà mettersi d’accordo preventivamente con Verdini e simili, ma poi i Verdini chiederanno il conto. Le riforme forse ridurranno gli inciuci, non il trasformismo. Inoltre, se si legge bene l’art. 70 della Boschi, il nuovo Senato, se volesse, potrebbe ostacolare non poco l’attività legislativa della Camera. Infatti, dalla cabala della sua irrazionale composizione, potrebbe benissimo emergere una maggioranza diversa da quella della Camera.
La riforma costituzionale, faute de mieux, viene difesa o, meglio, propagandata come occasione per ridurre i costi della politica. A parte che l’argomento dei supposti eccessivi costi della democrazia è tipicamente un mantra del populismo, per ridurre gli emolumenti dei politici esistono da sempre strade molto più facilmente praticabili, dalle leggi ordinarie del Parlamento alle decisioni delle assemblee territoriali alle decisioni individuali o di gruppo. Se gli aderenti ad un determinato partito, per esempio il Pd, ritengono che si spenda troppo in stipendi alla casta incomincino a ridursi i propri. Bastano due righe agli uffici competenti. Oppure, allo stesso fine, perché non remunerare in parte i decisori pubblici con Buoni del tesoro a 10 o 20 anni? Sarebbero una sorta di stock option che manterrebbe il suo valore se il Paese fosse ben governato.
La riforma Boschi è presentata come soluzione ai guasti della riforma del Titolo V del 2001. Non sorprendentemente in Italia, tra gli entusiasti della nuova riforma vedo molti autori della riforma del 2001, che invece ritengo buona, pur meritevole di qualche correzione, perché nettamente autonomista. Comunque sia per il passato, i principali problemi dei governi territoriali italiani sono costituiti dalle dimensioni (si pensi per esempio alle Regione Molise con abitanti pari a 2/3 della Provincia di Pavia) e dalle autonomie speciali, cioè dalle Regioni a statuto speciale come la Sicilia. Entrambi questi problemi non sono affrontati o, meglio, il secondo è aggravato. Infatti si toglie autonomia alle Regioni normali e non si raddrizza nessuna stortura della specialità. Con la Boschi la differenza tra le Regioni di un tipo e dell’altro aumenta.
Si dirà che, in compenso, avremo il Senato dei territori (che comunque, a dispetto delle esigenze di semplificazione dell’ordinamento, non è destinato a sostituire il “sistema delle Conferenze“ che raggruppa di quando in quando Stato, Regioni e Città). E’ molto improbabile che attraverso questa via avremo maggiore autodeterminazione locale sia perché il nuovo Senato sarà di dopolavoristi (consiglieri regionali e sindaci per il tempo del loro mandato amministrativo), sia perché proprio sulla materia più delicata, quella dei finanziamenti, il Senato non metterà lingua (se non in via eventuale). Specificamente gli artt. 70 e 117 sottolineano che sono statali, e soltanto della Camera, le questioni di fondamentale importanza relative a “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” e “perequazione delle risorse finanziarie”.
Dunque, da un lato abbiamo la Carta vigente, approvata dal 90% dei costituenti (eletti con il proporzionale), che non ci ha impedito di diventare un Paese prospero (anche se troppo diseguale in contrasto proprio con i valori costituzionali) e che sostanzialmente ci ha consentito di convivere anche in presenza di punti di vista, di destra e di sinistra, molto polarizzati. D’altro lato, abbiamo una riforma centralista approvata a stretta maggioranza che, in futuro, potrà sempre essere sfruttata da qualche sconsiderato per stravolgere il potere a suo vantaggio. Ce n’è più che abbastanza per convincerci per il no e per preparare un largo schieramento favorevole ad una riforma seria, basata sul superamento vero del Senato, non meno che su un complesso di limiti al potere e in particolare al potere centralista.                    

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